Combinazioni di spezie erano utilizzate per l’imbalsamazione dei cadaveri per impedirne la putrefazione. Nel codice di Hammurabi, il re babilonese che governò attorno al 1750 a.C, erano previste pene severe per i chirurghi che non volevano usare le spezie e le piante medicinali.
Nell’antica Grecia le scuole mediche tentavano di mettere in relazione le osservazioni empiriche con le loro conoscenze sulle proprietà curative delle spezie. A Teofrasto- discepolo di Aristotele, e il più grande botanico dell’antichità- si deve un importante trattato in cui è presente un lunghissimo elenco di erbe e spezie medicamentose.
Gli Arabi credevano che le spezie arrivassero dal paradiso e Avicenna, considerato il padre della medicina moderna, riteneva che l’infertilità e la mancanza di virilità potessero essere guarite dallo zenzero che aveva potere riscaldante. Per questo prescriveva un unguento di zenzero, pepe, fiori di melograno e uova capace di aumentare il vigore e la potenza sessuale.
Inoltre, tutti i medici arabi concordavano nel fatto che per aver maggior forza e per aumentare il piacere, potevano essere utili cannella, chiodi di garofano, zenzero e cardamomo.
Si racconta che, quando Maometto si lamentò dell’impotenza con l’arcangelo Gabriele, questi gli consigliò l’harisa, una salsa piccante a base di carne e avena condita con pepe nero.
I Romani già in epoca precristiana bevevano acqua, vino e anice: il famoso vinum hippocraticum. L’anice, inoltre, era uno dei 36 ingredienti del mithridatium, bevanda medicamentosa formulata da Crateva, medico di Mitridate.
Più ancora che nel Mediterraneo, nel lontano Oriente – terra natale delle spezie, soprattutto in Cina e in India- il loro potere curativo era conosciuto da sempre e, oltre alle erbe e agli aromi nominati sopra, essi utilizzavano la curcuma, il cardamomo, il pepe di Szetchuan, l’anice stellato e la galanga.
Tra il nono e l’undicesimo secolo la medicina araba ebbe un grandissimo sviluppo in concomitanza con le conquiste di vaste aree del Mediterraneo. Le preparazioni medicamentose erano a base di noce moscata, chiodi di garofano, benzoino, canfora, sangue di drago e bergamotto ed essi furono i primi a ottenere gli oli essenziali, con procedimenti di distillazione. Proprio grazie agli insegnamenti della medicina araba, gli europei conobbero le virtù delle spezie e la loro capacità di allungare la vita e combattere le infezioni.
Ai tempi di Carlo Magno, i corpi dei cavalieri, morti di peste a Tunisi, erano conservati grazie a un misto di spezie “ben lavati con un pimento de vino” che era una miscela di vino miele, pepe, cannella e chiodi di garofano. Quando sorsero le prime università a Bologna e a Padova le spezie trovarono nuovo fulgore.
La tradizione terapeutica si consolidò nel Medioevo e nei secoli successivi il commercio divenne sempre più fiorente. Nel 1348, quando si diffuse la peste nera in Italia, a Firenze i medici – ricoperti di lunghe vesti, indossando guanti e stringendo sul naso spugne imbevute di aceto arricchito con cannella e polvere di chiodi di garofano- incidevano i bubboni.
Proprio in epoca medievale nacque la figura dello speziale, precursore del moderno farmacista, venditore di spezie utili oltre che per gli effetti terapeutici anche per la conservazione dei cibi (pepe, noce moscata, zafferano, cannella). Essi divennero molto potenti e si organizzarono in corporazione. I più famosi erano quelli di Firenze che pubblicarono, nel 1496, Il ricettario fiorentino, un compendio sulle conoscenze farmacologiche dell’epoca, in cui erano fissate, con la massima precisione, le dosi di preparati medicinali che tutti i soci dovevano rispettare per legge. Il Ricettario, indicando la qualità delle spezie da utilizzare nei medicamenti, influenzò la loro importazione e il loro commercio. Firenze divenne il centro di distribuzione, per tutta l’Italia, delle spezie che arrivavano dai porti di Pisa e di Livorno.
L’interesse per le spezie continuò fino al sedicesimo secolo. Con esse si curavano tutti i mali, dalle malattie gastrointestinali a quelle cardiache, non vi era organo del corpo che non fosse ritenuto curabile con le spezie. Poi, per ragioni oscure e non ancora comprese, vi fu un brusco calo di interesse sia per gli aspetti terapeutici che per quelli culinari, Nel diciassettesimo e diciottesimo secolo in Occidente, con il procedere delle conoscenze scientifiche, il declino del loro utilizzo continuò a favore dei farmaci che venivano a poco a poco scoperti, mentre in tutto l’ Oriente, non hanno mai smesso di essere usate e studiate.
Negli ultimi venti-trenta anni la medicina tradizionale occidentale ha ricominciato a prendere in seria considerazione le proprietà delle spezie e sono stati condotti numerosissimi studi scientifici sia sulla singola spezia sia comparandola con principi attivi farmaceutici sia con il placebo. I risultati, in moltissimi casi, hanno confermato le straordinarie proprietà. Oggi, come una volta, le spezie, possono venire in aiuto all’uomo, in modo semplice e privo di effetti collaterali, ed essere utilizzate con vantaggio in numerose malattie. In breve, esse: stimolano la circolazione, disintossicano, attivano il metabolismo, sono ricche di sali minerali, vitamine e di sostanze antiossidanti, hanno proprietà antisettiche, antibatteriche e anti invecchiamento. Non solo, dagli ultimi studi alcune di esse sembrano giocare un ruolo nel contrastare il diabete, l’Alzheimer e le malattie neurodegenerative e per il futuro, ci si aspettano ulteriori conferme.