Negli anni di vagabondaggio da un capo all’altro dell’America, che fossero sul divano di un’amica o in qualche monolocale malridotto, sua madre faceva sempre in modo che ci si ritrovasse a tavola per cena. Quello è il segreto che Annia ha imparato fin da ragazzina: casa non è dove stai, sono le cose che fai. E una pentola sul fuoco e un aroma di prezzemolo, menta e spezie che si diffonde nell’aria è una di quelle.
L’amore per i profumi e i sapori, quelli più comuni e quelli più insoliti, accompagna la vita di Annia fin dall’infanzia nella grande casa dei nonni di origine greca, dove le foglie di vite ripiene sono un piatto immancabile. Saranno quelle stesse foglie di vite a far scattare la scintilla tra lei e un ragazzo libanese, il giorno del loro primo appuntamento. E quando Annia diventa giornalista, come suo marito, e si trasferisce con lui in Medio Oriente negli anni caldi che seguono l’11 settembre, è la cucina che la protegge dalla nostalgia, dal senso di non appartenenza, che costruisce per lei un nuovo rifugio.
Ovunque ci sia un conflitto ce n’è un altro che si svolge nell’ombra, e che non si vede in Tv. Per cui la vita diventa un’infinita sequenza di cose che non si possono più fare. Dai circoli letterari proibiti di Baghdad alle cucine di Beirut dove si preparano le ricette più antiche del mondo, Annia ci conduce in un viaggio sensoriale ed emotivo, fino nel cuore di un mondo millenario. Una ricetta per restare umani. Mentre fuori imperversa la guerra, il cibo diventa così un’oasi in cui la pace, la condivisione e la fratellanza sono ancora possibili.
Il titolo del libro prende spunto da un proverbio arabo: “youm aasl, youm basl” che significa letteralmente “giorni alla cipolla, giorni al miele”, per evidenziare che certi giorni saranno belli, altri brutti, così è la vita. Il libro è un appassionante memoir e un’immersione affascinante nella cucina speziata e nel mondo mediorientale.