Con la caduta dell’Impero romano e l’avvento dei secoli bui delle invasioni barbariche, l’Occidente si impoverì e i commerci internazionali si ridussero; il flusso di merci verso l’Europa cessò per centinaia di anni. Solo i monasteri e pochi nobili poterono continuare a utilizzare le spezie per il loro costo elevato. Il controllo del commercio con l’Oriente passò agli Arabi.
Essi erano navigatori esperti e – come si racconta nel libro Le mille e una notte, ai tempi del califfo al-Rashīd Haroun, – Sindbad , un marinaio leggendario, partiva da Bagdad, e sulla rotta delle Indie arrivava a Bassora, centro di raccolta delle spezie, che provenivano da Oriente, e viaggiava sino a Ceylon.
In quel periodo, l’ottavo secolo, gli Arabi avevano fiorenti commerci con le coste africane sino a Zanzibar e alle Isole Comore. Essi avevano sempre utilizzato le spezie anche nei secoli precedenti. Nella Sura 76 del Corano, si racconta di prosperose vergini che servono ai martiri coppe di vino aromatizzato allo zenzero, per le sue presunte proprietà afrodisiache. Avicenna, famoso scienziato e filosofo dell’Islam, riteneva che il mancato concepimento o l’incapacità di esprimere forte virilità fossero attribuibili a una perdita di calore e prescriveva le spezie, per il loro potere fortemente riscaldante. Egli consigliava un unguento di zenzero, pepe, fiori di melograno e uova capace di aumentare il vigore e la potenza sessuale.
Fu così che nacquero le basi della medicina sessuale. I medici arabi erano convinti che per aver maggior vigore e per aumentare il piacere, potevano essere utili cannella, chiodi di garofano, zenzero e cardamomo. E le autorità islamiche, a differenza di quelle cristiane, non ostacolavano ricerche e cure per incoraggiare l’attività sessuale. Nell’Islam gli afrodisiaci erano molto importanti ed entrarono persino nell’hadith (storie attribuite al profeta Maometto). Quando egli si lamentò per l’impotenza, l’angelo Gabriele gli suggerì l’harissa, una salsa piccante a base di carne e avena condita con pepe nero.
I mercanti musulmani viaggiavano verso l’India, la Cina e le Molucche dove organizzano centri di raccolta costieri collegati con le carovane. Ma tanto più si diffondeva la religione islamica tanto più si riducevano i commerci con l’Occidente. I musulmani conquistarono tutte le città che si trovavano sulla via delle spezie mantenendone saldo nelle loro mani il monopolio. In quei secoli gli unici che continuarono a commerciare con l’Occidente furono i mercanti ebrei che potevano fungere da tramite tra cristiani e musulmani.Le spezie giungevano in piccole quantità e i loro prezzi erano così elevati che potevano essere comprate solo da una ristretta cerchia di potenti, tra questi i re merovingi e carolingi che sappiamo per certo che consumavano pepe, cannella, chiodi di garofano e noce moscata.
A partire dal IX secolo, con la nascita delle Repubbliche Marinare di Venezia e Genova i commerci con l’Oriente iniziano a rifiorire. Soprattutto la Serenissima diventa sempre più potente, con le sue navi si spinge in tutto il Mediterraneo, intrattenendo rapporti sempre più stretti e diretti con i mercanti orientali. Dopo avere scambiato pellicce e ambra dal Baltico, legname e metalli dalle Alpi e dai Balcani. con seta, cotone e pietre preziose sbarcavano a Marsiglia o a Aigues-Mortes, superavano le Alpi, e vendevano le spezie nelle fiere di Lione e dello Champagne, centro d’affari dell’Europa del Nord. Con le crociate, e l’insediamento delle potenze cristiane in Oriente, i mercanti europei divennero sempre più presenti sulle vie carovaniere riconquistando il monopolio delle spezie ma acquistando anche altri prodotti che ancora non erano conosciuti in occidente come zuchero e riso. I cavalieri templari che ritornavano dalle crociate non solo portavano con sè spezie rare e pepe ma anche abitudini alimentari nuove che diffondevano in tutto l’Occidente creando un interesse che contribuiva ad aumentarne il consumo e il valore.
Nel 1271, spinti dal desiderio di ottenere facilitazioni mercantili e commerciali attraverso le nuove vie ed i nuovi contatti con l’Oriente per i propri commerci e quelli della loro città, in concorrenza con le altre città marinare- i fratelli Polo e il figlio Marco partono per l’Oriente dove resteranno più di venticinque anni. Il viaggio ci è stato tramandato dal Milione, in cui Marco Polo descrive luoghi esotici, usi e costumi, scambi di merci e le provenienze e le destinazioni delle spezie, paragonate a splendide pietre preziose, perle e oro.
Ecco come egli descrive Ormuz, testa di ponte per il commercio di spezie fra l’Arabia, l’India e la Cina:
“E dopo aver cavalcato per due giorni egli trova il mare di Oman e sulla riva vi è una città che si chiama Ormuz,
la quale ha un porto. E io vi dico che i mercanti vi arrivano dall’India con le loro navi, vi portano da ogni parte spezie
e pietre preziose e perle e tessuti di seta e d’oro e denti di elefante e molte altre mercanzie;
e in questa città essi le vendono ad altri uomini che poi le trasportano nel mondo intero,
vendendole ad altri popoli. È una città mercantile molto importante;
essa domina altre città e castelli fortificati, essa è la capitale del regno. Il re si chiama Ruemedan
Acomat. A Ormuz c’è un grandissimo calore, poiché il sole è molto forte; e la città si trova sulla terraferma.”.
Il viaggio di Marco Polo e il suo libro furono assai divulgati e ispirarono tutti quelli che seguirono dando luogo all’Età delle scoperte.