Spezie, fragranze ed erbe aromatiche fanno parte della storia dell’uomo. Già in epoca neolitica venivano aggiunte ai cibi che cuocevano sia per preservarli che per insaporirli. Le radici, gli steli e le foglie aumentavano l’appetito e miglioravano il gusto della cucina assai frugale. Sali e resine, come il sale da cucina e il miele, erano utili per prolungare la vita degli alimenti deteriorabili.
Le spezie sin dalle origini hanno sempre avuto un triplo ruolo: una funzione puramente gustativa che eccitava le papille dei nostri antenati; una curativa dovuta alle proprietà terapeutiche che le hanno fatte diventare i primi farmaci conosciuti, e infine avevano un ruolo molto importante nei rituali spirituali: unguenti, oli e bevande a base di spezie, aprendo i sensi verso l’invisibile e l’immateriale, erano ponti verso il sacro.
Le volute di fumo aromatico, che si levavano verso il cielo, simboleggiavano il congiungimento dell’uomo con il divino.
Il primo documento riguardante le spezie risale a circa 3.000 anni a.C. e riguarda gli Assiri. Essi dicevano che gli dei, la notte prima di creare il mondo, avevano bevuto vino al sesamo. Poiché oggi sappiamo che questa spezia è originaria dell’India, significa che già allora vi era un commercio delle spezie.
Gli Egizi
Le cerimonie religiose degli Egizi, per i riti funebri, si avvalevano della potenza magica degli effluvi di profumi e spezie, che spesso avevano proprietà ipnotiche, e portavano i sacerdoti che officiavano e i partecipanti, a stadi mentali vicini all’estasi. Per questo erano bruciate la resina di terebinthe (una pianta simile al pistacchio), mirra e incenso.
Anche per le imbalsamazioni dei faraoni si usavano un gran numero di sostanze odorose e i corpi eviscerati erano lavati con un vino di palma speziato e poi unti con unguenti e oli aromatici, i cui componenti erano: benzoino, hennè, ginepro, acacia, legno di cedro, pepe e camomilla. Inoltre, già intorno al 2600 a.C il cibo degli schiavi, utilizzati per la costruzione della piramide di Cheope, era arricchito con le spezie, per mantenerli in forze e proteggerli dal rischio d’epidemie.
Nel papiro di Ebers, sedicesimo secolo a.C, sono nominate numerose spezie che sono state poi ritrovate negli scavi archeologici. Tra queste: anice, fieno greco, cardamomo, cassia, cumino, aneto e zafferano mischiate con altre sostanze in ben 877 ricette.
Per approvvigionarsi di queste sostanze affrontavano lunghe e pericolose spedizioni in terre lontane e poiché la maggioranza di esse arrivava dall’Arabia i faraoni incominciarono a sognare di conquistare quelle terre.
Gli Ebrei
Anche i Sumeri erano utilizzatori e produttori di spezie e tutta la Mesopotamia con l’Egitto e la Palestina divenne la piattaforma di sviluppo del mercato delle spezie. Nella Bibbia, nell’Antico Testamento, si narra di Giuseppe che venne venduto in schiavitù dai suoi fratelli a mercanti di spezie. E in altre parti si racconta come gli ebrei facessero uso di spezie come profumi. Esse divennero col tempo sempre più importanti , costose e raffinate.
Nel Cantico dei cantici- il poema composto nel IV secolo a. C. e attribuito a Salomone- il narratore paragona la sua amata a diverse spezie, testimoniando così che, in Palestina, già allora esse erano note e apprezzate.
“Giardino chiuso tu sei,
sorella mia, mia sposa,
sorgente chiusa, fontana sigillata.
I tuoi germogli sono un paradiso di melagrane,
con i frutti più squisiti,
alberi di cipro e nardo,
nardo e zafferano, cannella e cinnamòno,
con ogni specie di alberi d’incenso,
mirra e àloe,
con tutti gli aromi migliori.”