Negli USA, la Food and Drug Administration, l’ente che si occupa della qualità dei cibi e dei farmaci (FDA) tra i suoi compiti ha anche quello di valutare la qualità dei prodotti dell’alimentazione. In questo ambito vi è una lunga ricerca effettuata sulle spezie, dai paesi d’origine al piccolo rivenditore, che aveva lo scopo di verificare eventuali contaminazioni. Queste possono essere sia di tipo batterico sia di “sporcizia” termine che indica di tutto, da sporco vero e proprio a tracce di sostanze estranee.
I tipi di contaminazione
Dalle analisi effettuate, dal 2007 al 2010, sono emersi dati abbastanza sconfortanti: circa il 7% delle spezie importate è contaminato da patogeni come salmonella, clostridium, perfringens, Cronobacter spp., Shigella, Staphylococcus Aureus. La salmonella era il più comune ed è stata trovata nello zenzero e nei semi di papavero provenienti dall’India, nel pimento della Turchia, nel pepe rosso del Giappone.
Inoltre circa il 12% contiene “sporcizia” sotto forma di: insetti vivi e morti interi o in tracce, escrementi di roditori, tracce di peli animali e capelli umani, tracce di legno, plastica e altro.
La catena di produzione delle spezie è molto lunga ed è per questo che è difficile intervenire. Il problema infatti può risiedere nella poca igiene dei singoli raccoglitori (che vivono in villaggi dove c’è molta contiguità tra uomo e animali). O nella scarsità di controlli dei trasformatori (che dovrebbero garantire la qualità del prodotto), nella cattiva conservazione, nell’imballaggio non accurato sino alle condizioni igieniche dei vari punti vendita.
Secondo il report della FDA, le spezie più contaminate sono quelle che provengono da India e Messico, non una cosa da poco visto che negli USA 1 spezia su 4 proviene da quei Paesi. L’American Spice Trade Association (l’associazione americana dei produttori di spezie) ha sottolineato che l’FDA non ha fatto abbastanza controlli sulle spezie vendute al pubblico, che avrebbero dimostrato come il problema degli inquinamenti si riduce nelle fasi finali della catena produttiva, a causa dei numerosi trattamenti che le spezie importate subiscono, ma il problema resta.
Tutto ciò non vuol dire che non si debbano consumare spezie, (i valori raccolti sono il doppio di quelli trovati in altri tipi di cibi) e in Italia non vi sono dati o studi in proposito, ma nel moderno mercato globale, sicuramente occorre che anche noi consumatori prestiamo attenzione ad alcuni aspetti. Alcuni consigli:
- Comprare sempre da fornitori qualificati: presso il negozio di fiducia che mostra di essere attento a queste problematiche o da grandi produttori che sicuramente hanno interesse a vendere prodotti di qualità certificata.
- Preferire, quando possibile la spezia intera e macinarla a casa, in questo modo è più facile controllare eventuali inquinamenti
- Quando si viaggia diffidare delle spezie vendute nei suq, che tanto ci affascinano, ma sulla cui qualità non sappiamo nulla e che restano all’aperto senza ripari per molti giorni
- Cercare di cuocere sempre le spezie. Con la cottura il problema in parte si riduce: si abbatte l’inquinamento batterico, non quello dovuto alle tracce varie di “sporco”.