Alla fine del diciassettesimo secolo incominciarono ad arrivare in Europa mercanzie sino a quel momento mai viste: zucchero, cacao, caffè e tabacco polarizzarono ovunque l’attenzione e la curiosità. Proprio quando l’apertura dei commerci stava provocando un abbassamento dei prezzi delle spezie rendendole accessibili a tutti, si assiste al fenomeno inverso: spariscono quasi completamente dalle tavole e dai trattati di cucina.
La Francia, già alla fine del Rinascimento, si era imposta come punto di riferimento di eleganza e raffinatezza in tutte le corti europee. Essa dettava il suo stile nella moda, nei costumi e anche nella cucina.
Alcuni famosi cuochi , come Francois Pierre De la Varenne, si allontanano dalle tradizioni della cucina medievale e del Rinascimento gettando le basi di un nuovo modo di cucinare in cui vengono abbandonate le spezie, a eccezione del pepe, dei chiodi di garofano e della noce moscata, utilizzati comunque con molta parsimonia. Zafferano, zenzero, galanga, pepe lungo, pepe di Guinea (i famosi “grani del paradiso” medioevali), il macis, sono più o meno aboliti, in favore di erbe locali come l’alloro, il timo, la salvia e il prezzemolo che permettono di enfatizzare il sapore di carni e pesce senza sovrastarlo. Salgono agli onori della tavola cipolla, scalogno e cipolletta di Spagna, i condimenti provenzali come i capperi, le acciughe, i limoni e le arance amare importate dalla Liguria. L’aceto quasi sparisce a favore di condimenti più grassi come il burro, sinonimo di cucina raffinata.
Dal sapore mascherato da eccessivi condimenti e soprattutto da spezie, si passa all’esaltazione del sapore proprio delle singole pietanze. Le nuove verdure come asparagi, piselli, cavolfiori, carciofi e funghi acquisiscono dignità di veri e propri piatti a se stanti. De Bennefois, cuoco famoso, seguace di De la Varenne, raccomanda:
“una buona minestra di borghese, ben nutrita di carni scelte, e ridotta a poco brodo, senza ripieni, funghi e spezie o altri ingredienti strani. Deve essere semplice visto che porta il nome di salute… La minestra di cavoli deve sapere interamente di cavoli, quella di porri di porro, e quella di rape di rapa. E quello che dico delle minestre vale e serve da legge per tutto quello che si mangia. Praticate quanto ho scritto e vi troverete bene”.
I sapori dolci e salati vengono separati lasciando al dolce il compito di chiudere i pasti. La cannella cessa di essere utilizzata nei piatti salati e da quel momento in avanti verrà riservata solo alle preparazioni dolci.
– Il calo del costo delle spezie e la loro disponibilità ne diminuisce il prestigio e i nobili si rivolgono alle nuove mercanzie “orientali”, così ricche di fascino e ancora da scoprire dal lato gastronomico.
– Il declino della medicina ippocratica, delle antiche credenze sulla produzione umorale del corpo e sui benefici derivati dall’uso di spezie calde e secche ereditati dal mondo arabo è avviato e accelerato poi dall’Illuminismo.
– La conquista dell’America, succeduta alla sua scoperta, sposta il baricentro economico dal Mediterraneo all’Atlantico togliendo fascino alle spezie e soppiantando la cultura orientale con i modelli occidentali.
Il declino delle spezie continua nel diciottesimo secolo: nelle grandi raccolte di ricette di Alexandre Dumas (Grand Dictionnaire de la cuisine) o nei libri del cuoco Brillat Savarin non vengono mai nominate se non per le marinate di carne e pesce.
In Inghilterra le cose vanno diversamente. Le spezie restano sulle tavole della nobiltà e del popolo. Giorgio IV, nei primi anni dell’Ottocento le usa smoderatamente sotto l’eterna disapprovazione del suo famosissimo cuoco Marie Antoine Careme, che detesta “l’antica cucina”.
A seguito dell’espansione della Compagnia delle Indie e dell’impero d’oltremare gli inglesi hanno imparato ad amare i cibi speziati e piccanti. Londra, in epoca vittoriana diventa il mercato mondiale delle spezie e Mincing Lane è il quartiere generale e centro dei commerci non solo di spezie ma anche dell’oppio.
L’avvento delle navi a vapore darà un nuovo impulso alle spezie e soprattutto al pepe. Gli Americani viaggeranno con migliaia di navi, tra la fine del Settecento e dell’Ottocento verso Sumatra, alla ricerca proprio del pepe e a questo scopo fonderanno l’American Trade Association.
Alla fine dell’ottocento, quando tutte le grandi Compagnie delle Indie sono fallite o si sono fortemente ridimensionate e subentra una politica coloniale allargata, l’Oriente, ma anche l’Egitto e il Libano diventano di nuovo luoghi da scoprire: poeti ed esteti viaggeranno verso quei luoghi lontani subendo di nuovo il fascino delle spezie e degli aromi che diventeranno il simbolo della raffinatezza di quei paesi. Anche le grandi città subiscono il fascino dell’esotismo. All’esposizione di Parigi del 1900,una grande parte era dedicata ai paesi e alle culture lontane: araba, cinese, asiatica e i visitatori ne restarono affascinati. L’ultimo quarto di secolo vede la nascita dei primi negozi di spezie, alcuni dei quali ancora oggi sono famosi come Fortum and Mason a Londra, Hediard a Parigi, Hooy ad Amsterdam.
Nell’ultimo secolo il commercio delle spezie, come tutti i commerci è cambiato. La distribuzione, il confezionamento e la conservazione sono migliorate rendendo tutto più facile. I viaggi in paesi lontani sono diventati meno costosi e più rapidi consentendoci di immergerci in culture e tradizioni diverse, assaporare cucine esotiche e ritornare soprattutto con ricordi preziosi. Inoltre le nuove immigrazioni nelle nostre città ci portano genti di ogni paese, che recano usi e abitudini proprie. Le spezie, pur nella loro diversità possono rappresentare un elemento comune ed essere portatrici di un messaggio di scambio, mescolanza e unione tra i popoli. La rinascita delle spezie è incominciata.