Mahaleb

Famiglia. Rosaceae, sotto famiglia Prunoidae

Il nome della spezia. La spezia, a seconda del Paese, ha nomi simili, ma non uguali. I più comuni sono: mahlab, mahalab, mahleb, mahaleb, mahlepi, machlepi.

Caratteristiche della pianta. La pianta, simile ai nostri ciliegi, cresce fina a 5-6 metri, è molto resistente, ha una fioritura abbondante e i fiori sono piccoli e bianchi simili a quelli dei nostri ciliegi; i frutti, dai quali si estre il nocciolo (la  spezia), sono piccoli, ovali e di colore rosso molto scuro.

Origine. Le piante da cui si ottiene la spezia sono diffuse sulle sponde del Mediterraneo, nel sud est dell’Europa e nella regione della Turchia, Libano e Siria. Essendo piante molto robuste e difficilmente attaccabili dalle malattie, vengono utilizzate per fare gli innesti dei ciliegi comuni soprattutto in America.

Paesi produttori. La Siria è il maggior produttore seguita da Turchia e Libano, Grecia e Armenia.

Paesi utilizzatori. Questa spezia è poco conosciuta e poco usata al di fuori dei Paesi produttori e difficilmente varca i loro confini.

Parti utilizzate. L’interno dei noccioli del frutto, che sono beige, hanno forma di goccia di circa 5 mm di lunghezza.

Stagionalità. Estate, quando maturano i frutti.

Componenti. Non vi sono molte informazioni sulla composizione di questa spezia. Si sa che contiene  derivati della cumarina, che danno l’aroma e sono ricchi di acidi grassi.

Tipologie in vendita. Frutti interi o macinati.

Aspetto. Noccioli con interno morbido, di colore variabile dal beige all’ocra, hanno forma di goccia di circa 5 mm di lunghezza.

Odore. Leggero, aromatico, masticando a lungo la spezia si sprigiona un leggero sapore/aroma simile a quello delle fave tonka e delle mandorle amare. Tavolta ha un aroma simile all’anice ed è per questo che in alcune ricette si suggerisce di sostituire l’anice con il mahaleb.

Sapore. Leggermente dolce che ricorda la ciliegia, ma con un retrogusto un pochino amaro come quello delle mandorle amare.

Uso culinario. E’ un ingrediente popolare nella cucina dei Paesi sopra indicati e viene usato per aromatizzare dolci e prodotti da forno ai quali dona il suo aroma caratteristico.

Suggerimenti per l’acquisto. Comprate, se possibile, i noccioli interi e non la polvere che perde molto in fretta qualsiasi aroma. Fate attenzione che non siano vecchi perchè tendono ad irrancidire, anche se tenuti in frigorifero.

Consigli per l’uso. Grattugiare al momento dell’uso con una grattugia come si fa per la noce moscata. O meglio ancora pestare i noccioli con sale o zucchero in grani grossi per velocizzare il processo di macinazione. Usarne circa mezzo cucchiaino per tazza di farina e fare attenzione a non usarne troppo perchè non prevalga il gusto amarognolo. Particolarmente adatto a waffles, biscotti o dolci da forno.

In Armenia si preparano delle brioche chiamate chorak, molto profumate. In Grecia si usa per dei pani dolci e per la vasilopita (torta di San Basilio), che si mangia a Capodanno. Oppure il mahaleb si trova negli tsoureki, piccoli pani dolci a forma di treccia che si mangiano in Grecia e a Cipro. Anche il pane Lambpsomo che si prepara per il pranzo di Pasqua deve contenere questa spezia. Così come è un ingrediente indispensabile per i ma’amoul, piccoli dolcetti siriani, ripieni di datteri o di noci. E ancora lo si trova nell’urbaan, un pane che viene offerto durante le cerimonie religiose ortodosse dei paesi del Medio Oriente e si serve a Pasqua per colazione insieme a olive e formaggio.

Sostituti. Il mahaleb è molto difficile da trovare nei negozi, anche i più forniti. Perciò o lo comprate via internet da qualche grande produttore di spezie o provate a sostituirlo con una miscela di fave Tonka in polvere con un pizzico di mandorla amara in polvere.

Curiosità. L’etimologia della parola mahaleb (anche se si trova scritta in molti modi diversi come  in arabo al-mahlab e in ebraico mahaleb),  ha un’origine comune poichè tutte derivano dalla stessa radice semitica che significa “latte”. Poichè non è stata trovata nessuna connessione tra le due parole si pensa che si riferisca al fatto che i fiori sono bianchi “come il latte”.